VALIANO
Valiano è una frazione del comune italiano di Montepulciano, nella provincia di Siena, in Toscana. Fu un antico castello feudale che, per la sua posizione strategica sul confine tosco-umbro e per il ruolo esercitato dalla famiglia residente dei Del Pecora (la famiglia dei Cavalieri)[2], fu avamposto della Val di Chiana di grande rilevanza storica dal XIII secolo fino alla costituzione del Granducato di Toscana. Il Comune di Perugia, dopo aver concluso la pace tra le città di Arezzo e Cortona, iniziò la penetrazione stabile nel Cortonese: con le famiglie dei conti Oddi in Pierle e Castelnovo e con la famiglia Montemelini nei castelli di Montegualandro e Montalera. L'espansione di Perugia proseguì in Val di Chiana con l'acquisto del terziere di Valiano.[3] Il 24 novembre 1238, Guido ed Uguccione del Colle, "marchesi di Valiana", nella casa di Arsenio Del Pecora, detto "Pecorello", della "Famiglia dei cavalieri"[2], vendono ad Andrea Montemelini di Giacomo la terza parte del castello di Valiana, con i confini descritti nell'atto di vendita e che includevano la comproprietà del terreno dal porticciolo di Valiano, per via Terrarossa, al molino di Gabbiano.[4] I castelli di Montalera, Montegualandro e Valiano erano in posizione dominante e, mediante un ingegnoso sistema di torri comunicanti, permettevano segnalazioni diurne a mezzo di specchi riflettenti e fumate; di notte, con l'accensione di fuochi e torce.[5] In questo modo consentivano la difesa preventiva del territorio perugino, con una visibilità che si apriva dal lago Trasimeno e dalla Val di Chiana fino alla pendici del monte Cetona e del monte Amiata. Così i castelli di Montalera, Montegualando e Valiano, ultimi baluardi del sistema difensivo perugino, erano in grado di comunicare informazioni ai castelli di Agello e Monteruffiano, situati a poche miglia dalla città di Perugia. Nel 1263, a pochi anni di distanza della vendita del terziere di Valiano, si manifestò l'evento che attirò l'attenzione della religiosità popolare della regione: la vicenda di Margherita da Cortona, canonizzata il 16 maggio 1728 sotto il pontificato di Benedetto XIII. Nella vicenda margheritiana, evento capace d'incidere grandemente nella cultura e nell'arte di vaste aree regionali dell'Umbria e della Toscana, rimase sempre vivo l'interesse intorno all'identità del seduttore e alle circostanze della sua tragica uccisione. Non essendovi certezze storiche, l'identità del seduttore può essere soltanto supposta e la descrizione della vicenda resta affidata all'indagine degli studiosi sulla base della Leggenda, scritta a posteriori dal confessore di Margherita, frate Giunta Bevignati,[6] che - a causa della riservatezza del suo ruolo - evita di fare nomi e di riferire circostanze. La storiografia margheritiana, passata e soprattutto recente, sembra ormai concorde nell'individuazione dell'amante di Margherita nella persona di Raniero Del Pecora. Dopo aver incontrato Raniero nella campagna di Laviano, piccolo borgo al confine del territorio perugino, Margherita, sedicenne di umili origini, fugge di notte dal borgo nativo rischiando la vita attraverso le acque agitate del lago di Montepulciano per andare a convivere con l'amante. In Montepulciano la bella Margherita, la "Signora", inizia una nuova vita nel lusso e nei privilegi di una famiglia ricca e potente, come lascia intuire la Leggenda nello struggente colloquio di Margherita con il Crocefisso.[7] L'uccisione di Raniero, avvenuta nel 1272 in una battuta di caccia durante il soggiorno estivo nelle sue proprietà tra Valiano e la località Giorgi di Petrignano, segnò un profondo cambiamento di vita di Margherita che, penitente sulla via di Cortona con il figlio Jacopo tenuto per mano, percorse un nuovo itinerarium spirituale nella ricerca della santità e della pace interiore.